La sfida di Dario Rosini all’Ironman World Championship, il 26 ottobre scorso a Kona nelle Hawaii, non è stata solo una competizione: è stata una vera odissea in cui cuore, muscoli e anima hanno brillato, rispondendo al richiamo delle Hawaii come gli antichi guerrieri che affrontavano prove impossibili. Rosini ha iniziato il suo viaggio nella calda baia di Kailua-Kona, dove l’Oceano Pacifico ha accolto i triatleti nelle correnti ingannevoli. L’acqua era a 27 gradi e alcuni delfini hanno scortato questi eroi moderni, come fossero messaggeri degli dei.
Dario, con lo sguardo concentrato e la forza di chi sa che ogni bracciata lo porta più vicino al traguardo, ha terminato i 3,8 km di nuoto in poco più di un’ora e mezza, uscendo dall’acqua esausto ma determinato a proseguire. Ma l’epopea era appena cominciata. Appena giunto in zona cambio, Rosini ha dovuto combattere le emozioni e i timori di una gara che, già alla vigilia, sembrava voler metterlo alla prova con sintomi influenzali e una ferita al piede destro, causata da una caduta accidentale del pedale. Ma nulla poteva fermarlo: con l’aiuto di un medico giapponese, ha coperto la ferita e si è lanciato sulla sua bici per affrontare la leggendaria “Queen Ka’ahumanu Highway,” una strada dove il vento soffia come una forza primordiale, costringendo anche i migliori a inchinarsi al suo volere. Dario ha spinto per 180 km, 1700 metri di dislivello, il vento a sfidare ogni pedalata e la temperatura bollente di 28 gradi a fare da incudine sui suoi muscoli. “Volevo tenermi su una buona media, ma mi sono presto accorto che contro il vento e il caldo ogni pretesa di velocità era vana.
La concentrazione era tutta sul bere e restare in piedi, fermandomi a ogni ristoro per riempire le borracce, una di sali e una d’acqua,” racconta Dario. Arrivato di nuovo in zona cambio, ha trovato conforto nel vedere che il calzino non era macchiato di sangue: il piede reggeva. Con un ultimo sguardo alla moglie Rita, che non ha mai smesso di sostenerlo lungo il percorso, Dario ha indossato le scarpe da corsa e ha affrontato la tappa finale, quella più temuta da ogni Ironman: una maratona di 42 km.
Il tratto di corsa di Kona non è per cuori deboli. I primi 13 chilometri sono una bolgia incredibile di atleti lungo la Ali Drive caratterizzata per le sue casette e la grande folla che acclama questi atleti. Chilometri dopo si inizia a percepire la salita della Palani Road che si aggiungerà al totale dislivello di ben 300mt di tutto il tracciato running! Da qui in poi si apre la porta per l’inferno, passando prima dalla Queen Highway dove i gradi percepiti sono circa 30 danno il benvenuto nella temutissima strada l’Energy Lab! Una zona desertica e mortale che, con le sue colate laviche, incarna l’essenza brutale dell’isola, qui siamo oltre i 37 gradi percepiti e se non hai un fisico allenato ed una mente preparata non potrai portare a termine l’impresa.
Al crepuscolare inoltrato, tra il buio e una pioggia improvvisa tipica delle Hawaii, Dario ha sentito il corpo surriscaldarsi in pochi istanti, con la temperatura che è salita di 10 gradi all’ingresso dell’Energy Lab. “Ho dovuto lanciarmi addosso del ghiaccio per resistere,” racconta. Gli ultimi chilometri sembravano infiniti, ogni passo una conquista contro il tempo e la stanchezza. Ma le Hawaii avevano ancora una sorpresa per Dario: il calore della sua Rita, che lo attendeva, col cuore e lo spirito, sulla mitica Ali’i Drive.
Qui, tra incitamenti scritti a gesso sull’asfalto, Dario l’ha stretta in un abbraccio liberatorio, prima di attraversare il traguardo nelle sue 13 ore di tenacia sportiva.
Mentre lo speaker annunciava, “Buonasera Dario, you are an Ironman,” Rosini sorrideva dentro di sé. Sapeva di aver completato qualcosa che trascendeva la semplice impresa fisica.
Aveva vissuto Kona, e come lui stesso dice, “Qui è un’altra cosa, diciamocelo pure.”